Per capire il conflitto: Matti, 22 anni

Johan Galtung

Il mese scorso la tragedia ha fatto visita a un pacifico luogo di un pacifico paese del Nord, Kauhajoki nella Finlandia del Sud-Est; la seconda volta in meno di un anno, dal novembre 2007 a Jokela nel Sud del paese, 19 uccisi; il mese scorso Matti, ventiduenne, ne ha uccisi 10, compreso se stesso, nella sua scuola, entrando in aula arma in mano e sparando.

Come mai?

Non so. Ma pretendo di saperne qualcosa su come fare per conoscere (per esempio in 50 Years: 25 Intellectual Landscapes Explored, TRANSCEND University Press, 2008). Per favore non chiedete una causa a un singolo livello dell’organizzazione umana: il livello personale, micro; quello sociale, meso; quello interstatale e internazionale, macro; intercontinentale e inter-civiltà, mega,. Apritevi a tutti e quattro. E per favore non badate solo alla causa efficiente – ovviamente quel dito sul grilletto – ma allo scopo (punire l’umanità, quel perverso esperimento sprecato?) e agli altri due dei quattro tipi di causa considerati da Aristotele, la causa materialis e la causa formalis.

“Morto d’un colpo” semplicemente non basta: vogliamo sapere lo stile di vita di quella persona, il contesto sociale, le tensioni che possono averne indebolito la resilienza, la capacità di resistere agli agenti “patogeni”. Perché? Perché la razionalità vuole risposte perfino nei più reconditi recessi dei livelli personale, sociale, nazionale e globale, cosicché possiamo togliere di mezzo le cause del bene e rafforzare quelle del male.

Il 20 settembre alla radio della vicina Norvegia c’era uno specialista di psichiatria delle crisi, che citava saggiamente due motivi per una strage: la fama istantanea, pur non sopravvivendo per goderne, e la sensazione di essere al di sopra della massa, come un dio, con potere di vita e di morte. Senza dubbio importanti nella sindrome delle cause finali.

E’ ora di finanziare studi sui casi tipo Matti e ogni sorta di aspetti psicologici delle vittime, dei loro rapporti con Matti e la sua famiglia. Tutti gli aspetti del micro sono necessari, ma ben lungi dall’essere sufficienti.

Entra il meso, la scuola. Con il famoso primo posto della Finlandia nella graduatoria PISA (Programme for International Student Assessment) per matematica, scienze naturali e lettura; un punteggio complessivo di 563, la media OECD a 500, la normale Norvegia, 33°, a 487. I paesi più prossimi – Giappone, Estonia, Canada e Hong Kong – sono a 542 e meno, a rispettosa distanza dal primo. Ci si chiede, a quali costi quei punteggi così elevati?

Entra il meso, suicidio. La Finlandia è 15° al mondo con 20.3 suicidi all’anno su 100.000 persone, la Norvegia ampiamente indietro, 43°. In effetti, dei sei paesi PISA dopo la Finlandia, quattro sono fra i primi venti per l’incidenza dei suicidi. Ma attenzione: una correlazione non è una causalità.

Entra il macro, la Finlandia come tale, non dati sui finlandesi. La cultura profonda, intanto.

Se la parola è d’argento e il silenzio d’oro, non c’è dubbio che la Finlandia sia allora una miniera d’oro: reticenza, poche parole. Se cercate la loquacità, provate la Sicilia. Che dipenda dalla latitudine?

Speculazione, ipotesi 1: l’autismo potrebbe essere una caratteristica dei finlandesi? Vivere come una monade di Leibnitz in una bolla, in una realtà virtuale, staccati dal mondo esterno? E questo predisporrebbe i finlandesi alla matematica, anch’essa staccata dalla realtà esterna? E la lettura è comunicazione interiore, perfino intima, con un autore decisamente lontano e con se stessi. Forse questo vale anche per le scienze naturali? Potrebbe darsi che in ambito PISA l’autismo si incontri con l’autismo e si trovi a suo agio?

Entra il macro, le armi, da caccia; con gli USA al primo posto ovviamente, poi lo Yemen, poi la Finlandia. Armi facilmente disponibili, dai 15 anni in su.

Speculazione, ipotesi 2: forse ciò che non si riesce a comunicare a parole, come l’astio verso se stessi e verso l’umanità, lo si comunica con le armi, commettendo suicidio, e omicidio?

Entra il mega: gli USA. Ben più che solo un paese, una civilizzazione, un paese-manifesto con carattere modello, che definisce per il resto del mondo quanto è normale e naturale. Se è USA, può anche essere male, ma così è la vita, la realtà, la natura umana. C’è ben poco da fare. Non pretenderete di cambiare gli USA, per caso?

Un accesso così facile alle armi può essere la causa materialis, e la struttura-cultura dell’autismo e dello status del mondo degli USA la causa formalis, lo schema di funzionamento del tutto.

Complesso, come lo sono i conflitti.Ssi può fare qualcosa? Eccome, purché si badi a tutti i quattro i livelli, non a uno solo.

Cominciando dall’alto: gli USA dovrebbero passare, con un certo talento, da un modello da emulare a un anti-modello. Cattiva notizia per chi apprezzi la violenza USA a tutti i livelli.

Anche per i commercianti d’armi: si sia severi almeno come per le droghe. Ma altrettanto importante sarebbe una scuola dove gli studenti imparino anche il conflitto, la comunicazione e altre abilità sociali, l’igiene del conflitto – vedi www.transcend-nordic.org per il progetto Sabona – oltre all’accumulo di nozioni nell’ambito delle loro piccole realtà locali.

Poi, immaginiamo che i media releghino tale violenza ai margini del tempo e dello spazio, mettendo al centro notizie positive su conflitti gestiti bene. Immaginiamo che venga dedicato più tempo al miracolo e alle meraviglie della vita in generale e di quella umana in particolare, e meno alla matematica, per vari aspetti avulsa dalla vita. Immaginiamo che prevalga l’apprezzamento dei prodigi della creatività umana rispetto a borbottii misantropici. E tutto questo lascerebbe ancora ampio spazio per agire efficacemente a livello micro, attenti ai sintomi precoci, aiutando, prevenendo.

Immaginiamo, limitiamoci ad immaginare, come diceva John Lennon. E immaginiamo di rispettare la complessità del conflitto, della violenza e della pace.

(I dati sono tratti dal brillante articolo di Mari Skurdal, “Finlands suksess” [Il successo della Finlandia], Klassekampen, 26.September 2008).


EDITORIAL, 6 Oct 2008

#30 | Johan Galtung

titolo originale: On understanding conflict: Matti 22

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis