IMMIGRAZIONE. Fa più rumore l’albero che cade che la foresta che cresce

Laura Operti

Paolo Ferrero, Immigrazione. Fa più rumore l’albero che cade che la foresta che cresce, Claudiana editrice, Torino, 2007

ImmigrazioneNon molto prima della caduta del governo Prodi comincia a girare l’agile libretto di Paolo Ferrero che del suddetto governo è stato Ministro alla Solidarietà Sociale, Immigrazione. Fa più rumore l’albero che cade che la foresta che cresce, Claudiana editrice, Torino, 2007. Una bella prefazione di don Luigi Ciotti mette in luce i nodi sui quali si dipana la riflessione di Ferrero e soprattutto qual è il bandolo della matassa di questa intricatissima questione, cioè quali sono le cause di questa immigrazione, spesso sovraesposta mediaticamente. Le cause sono: povertà e speranza. Povertà di che vive male nel proprio paese e spera venendo nel nostro, di riuscire a trovare un senso e una dignità alla propria esistenza.

Il discorso viene declinato nel libro attraverso le domande che la scrittrice Angela Scarparo formula a Paolo Ferrero. Quindi il libro non è un saggio socio-politico sulla questione immigrazione, ma una viva conversazione su un tema di cui l’autore rivela non solo competenza, ma passione.

Come in tutte le analisi serie del fenomeno, non si può non spostare lo sguardo su quella che è stata la nostra emigrazione che dal 1860 al 1970 ha portato 27 milioni di italiani a cercare fortuna all’estero; tra questi ci sono anche dei parenti di Ferrero, valdesi, che sono emigrati a New York , in New Jersey, in North Carolina. Da ricordi personali, ancora vividi, scaturiscono idee interpretative dei fatti, per esempio:”… le vite concrete delle persone si intrecciano fortemente con la storia” p.17, e più avanti, “…sono sempre i più ardimentosi che partono per primi, coloro che accettano il rischio, che ci provano.

L’emigrazione è il punto di incontro tra una condizione subita e i tentativi di cambiarla, giocandosi tutto. “p.19 . Di qui l’indicazione per studiosi , insegnanti , giudici, polizia, datori di lavoro, medici , insomma per tutti coloro che hanno rapporti “strutturati” con gli “stranieri”, a ricercare sempre i percorsi individuali, il passato, il presente e il progetto sul futuro di queste persone che, in un modo o nell’altro, stanno intrecciando le loro vite alle nostre.

E’ il 1973 l’anno in cui per la prima volta in Italia gli ingressi degli immigrati superano le partenze, degli emigranti… Quindi è già una lunga storia quella degli immigrati che arrivavano dall’Africa, dall’Asia, dall’America latina , di cui all’inizio nessuno si occupava, o quasi ; poi c’è stata la Legge Martelli del 1990, la vicenda della Panzanella, grande esperimento di autogestione multiculturale di strada con Don Luigi Di Liegro, la Legge Turco- Napoletano nel 1998, fino alla legge Bossi- Fini del 2002 col ruolo sempre più problematico del Centri di permanenza temporanei, i CTP, costituiti con la legge precedente.

Ora, il banco di prova è la seconda generazione di immigrati , quelli che affollano le aule delle scuole e in parte ( in misura infinitamente minore) anche le aule penali dei Tribunali. A loro, alle loro aspettative, ai loro comportamenti, dice Ferrero, deve andare l’attenzione in particolare dei politici e degli educatori, tenendo conto del fatto che il 20% dei 3.690.052 immigrati legalmente residenti in Italia è costituito da minori (Dossier Caritas 2007).

E moltissimi dei bambini non sono nati nel paese d’origine dei loro genitori , ma in Italia.

A proposito del razzismo ancora evidente in molte situazioni , per lo più nella forma di “guerra tra i poveri“ troviamo scritto nel libro “… L’idea di far dipendere la vita di una persona, la sua identità, le sue prospettive, dal posto dov’è nato suo padre o suo nonno racchiude con ogni evidenza un grado di violenza inaccettabile per chiunque” p.90.
Soprattutto di chi è oggetto di questa violenza sotto forma di pregiudizio, di ottuso stereotipo.

Una fondamentale indicazione programmatica di Ferrero su questo punto è che, se sono molto importanti le politiche d’ingresso dei migranti, altrettanto lo sono le politiche d’inclusione e la capacita di sviluppare un Welfare che comprenda tutta la popolazione residente in Italia.

Il percorso di ”inclusione”come risposta italiana al fenomeno globale dell’immigrazione prevede, secondo Ferrero , che all’immigrato si chieda il rispetto della Costituzione e l’apprendimento della la lingua italiana e che gli venga garantito il rispetto dei suoi diritti fondamentali , sociali , civili e la libertà religiosa .Ma anche ”…l’immigrato non deve essere spinto a difendersi attraverso l’appartenenza a una comunità chiusa …non deve sentirsi debole, costretto a costruire un meccanismo tribale di difesa attraverso un gruppo…

Penso che le forme comunitarie che emergono tra gli immigrati nei paesi occidentali non siano quello che rimane di un’identità precedente, religiosa o nazionale. Non credo ci siano nodi, come dire sentimentali, in mezzo. Penso che siano cose nuove che gli individui elaborano per difendersi …I diritti fondamentali che sono alla base della nostra Costituzione devono essere garantiti dallo Stato italiano e non da forme comunitarie chiuse “p.87.

“L’individuo” sta a cuore all’ex-ministro e a lui si chiede un sforzo per conoscere la nostra storia, la nostra cultura, la nostra lingua. Per questo, dice Ferrero, sarebbe importante un programma di lotta alla dispersione scolastica dei giovani immigrati e figli di immigrati che in percentuale più alta dei coetanei italiani abbandonano la scuola media (anche se non sono pochi i casi di eccellenza raggiunti nel rendimento scolastico da alunni stranieri, cinesi, rumeni, albanesi). E anche auspica che si possa incentivare e sostenere i percorsi di volontariato per insegnare l’italiano agli adulti, affiancando i corsi statali che già esistono dai primi anni ’90.

Tutto il libro è pieno di dati, si pone con atteggiamento realistico e propositivo di fronte ai problemi della legalità, della convivenza, della sicurezza, dello sviluppo economico e contiene come Appendice il Disegno di legge Amato-Ferrero.

Ma non abdica mai all’idea di fondo: che l’immigrazione non è un male e la si deve guardare in faccia con serietà, determinazione e quieta speranza.
In questi mesi molto successo ha avuto nelle sale e nei Festival Internazionali il film “Il vento fa il suo giro” di Giorgio Diritti. Credo che Paolo Ferrero sia andato a vederlo.


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