Un po’ di storia futura?

Johan Galtung

Ho davanti a me i 120 membri della Commissione Svizzera per le Ammissioni, che decide se un giovane che rifiuta il servizio militare debba essere ammesso come obiettore di coscienza e trasferito al Servizio Civile. Criteri: è la coscienza del giovane, non necessariamente religiosa, a essere determinante; e la sua percezione della realtà, dalle intenzioni interiori alle conseguenze esterne delle sue azioni, è priva di contraddizioni? La funzione della commissione s’avvia alla fine: il parlamento svizzero sta per attivare la prova di coscienza, consistente nella semplice proporzione 1,5, cioè il richiedente è disposto ad accettare un servizio più lungo del 50%? E, se il nuovo sistema risultasse a sfavore del reclutamento militare, si sarebbe disposti anche a un rapporto 1,8?

Temi del seminario: quali sono i risultati degli studi per la pace, e quali le esperienze del lavoro per la pace? Le mie conclusioni: la violenza è in generale un monumento su un conflitto irrisolto. Quindi, [1] si risolva il conflitto in modo nonviolento, con empatia e creatività e [2] si abbia una difesa puramente difensiva, non provocatoria, con l’opzione pubblica fra una modalità tradizionale militare, una milizia e una non-militare, il che dovrebbe risultare in un assetto ragionevolmente adeguato. Per far ciò si badi non solo alla violenza diretta bensì anche a quella strutturale e culturale, e inoltre non solo alle intenzioni dietro il guerreggiare ma anche alle sue conseguenze.

Gran parte del seminario di due giorni è stato dedicato alla risoluzione dei conflitti e al metodo TRANSCEND, usando il libro 50 Years: 100 Peace & Conflict Perspectives (50 anni: 100 prospettive di pace & conflitto, TRANSCEND University Press, 2008 – vedi www.transcend.org/tup).

Il Servizio di Pace è il punto n°2 di tali prospettive (il n°1, come intuibile, è la ricerca per la pace). Mi si permetta una citazione:

“Con il servizio militare è sopraggiunta l’obiezione di coscienza a tale servizio. Affinché l’obiezione prevalesse sul dovere verso lo stato la ragione addotta doveva essere radicata al di sopra dello stato, in Dio, in un super-stato come l’ONU, o nella Ragione stessa. Affinché il dovere si imponesse, il ragionamento doveva essere reso pubblico, come le richieste di obiezione di coscienza in certi paesi. Qualora l’obiezione sia convincente e universalizzabile alla gran maggioranza, la coscrizione in una democrazia è morta.”

Facciamo una retrospezione ricuperando una storia ben nota a chi l’abbia vissuta in parte, meno ad altri.

Fase 1: Il servizio militare obbligatorio è appunto tale. L’alternativa è la condanna a morte per tradimento della causa nazionale e/o come disertore/codardo. Come non-uomo. La versione meno truce sarebbe la morte sociale, l’espulsione, la perdita dei diritti di cittadinanza.

Fase 2: L’obiezione è criminalizzata, passata al vaglio di tribunali civili e punita con la carcerazione in tempo sia di guerra sia di pace. L’obiezione ripetuta è vista come recidiva e la reazione è la carcerazione ripetuta.

Fase 3: L’assurdità della fase 2 diventa sempre più chiara a un numero crescente di persone e stimola la ricerca di trasferimento a un servizio alternativo per coloro che considerano il Non uccidere! come valido in generale non solo come moralità infragruppo, ad esempio come non-combattente/addetto a servizi sedentari nell’ambito delle forze armate (come nel servizio d’ambulanza, che mantiene pressoché gli stessi rischi dei combattenti).

Fase 4: Tuttavia, diventa ben presto chiaro che l’obiezione non è solo verso il ruolo di combattente, dove ci si può trovare a uccidere, ma verso l’istituzione militare in quanto tale. Rimane la verifica di coscienza. Intanto procede la ricerca per un servizio alternativo, se non con gli stessi rischi che il servizio militare, almeno con gli stessi costi: lontano dalla vita normale in famiglia, a scuola, al lavoro; qualcosa di tosto come disboscamenti o bonifica di paludi, o lavoro sociale di manovalanza, e per un periodo lungo 1,x rispetto al servizio militare – dove x è da discutere e regolare.

Fase 5: Diventa ovvia l’assurdità della fase 4. Sempre più obiettori richiedono un servizio di pace, disposti a rifiutare servizi alternativi non di pace e patire la carcerazione per quell’obiezione di second’ordine. Cambia il contenuto, per esempio assistenti in istituti di ricerca per la pace e alla cooperazione allo sviluppo all’estero, qualcosa di simile ai (termine abusivo) Corpi di Pace.

Questo è pressapoco dove ci troviamo oggi. Rivolgiamo ora il nostro sguardo in avanti e continuiamo la narrazione verso il futuro:

Fase 6: Il servizio di pace diventa sempre più attraente, non in quanto atto d’omissione (non-uccidere) ma per accogliere innumerevoli atti di impegno attivo: la costruzione della pace fra contendenti, l’interposizione nonviolenta, la mediazione, la conciliazione. Con l’apertura del servizio militare a giovani donne si aggiunge il servizio civile per esse. Nel suo insieme, il servizio può anche non produrre sempre qualcosa di utile, ma almeno non fa danni.
Fase 7: L’assurdità della guerra e del servizio militare diventa sempre più chiara a sempre più persone. Come minimo, coloro che sceglieranno l’opzione militare dovranno avere buone ragioni per uccidere, ferire e distruggere. La giustificazione per una tale scelta dovrà essere radicata in scopi superiori e presentata pubblicamente a una commissione. “Mi piace uccidere”, ne ricavo un beneficio individuale, come “uccidere un irakeno in cambio della tessera sanitaria” o “uccidere due irakeni in cambio di istruzione universitaria”. Si imparano allora le risposte giuste: uccidere irakeni-afghani per la democrazia-libertà-diritti umani.

Fase 8: La parola tedesca Gewissen vuol dire coscienza, la parola Wissen sapere. Gradualmente la commissione di verifica degli aspiranti soldati include la valutazione delle azioni e delle loro conseguenze, non bastando le buone intenzioni: “Ci parli in dettaglio delle conseguenze delle ultime guerre – – -, ma anche delle ultime mancate resistenze, comprese quelle nonviolente”.

Fase 9: Il servizio bellico assume un’aria sempre più dubbia. Per distogliere gli aspiranti da tale opzione, devono sorbirsi una durata 1,y del servizio di pace, cioè x+y rispetto all’originario servizio militare.

Fase 10: La guerra in quanto istituzione sociale non ha più legittimità democratica, come risultato del voto implicito nelle scelte di giovani uomini e giovani donne. Si può trovare un sentimento maggioritario pro-militare in nicchie anziane di popolazione, diciamo oltre i 65 anni. Il combattimento diventa più compatibile con l’età avanzata.

E con loro finisce nell’immondezzaio della storia la guerra come istituzione sociale, come già la schiavitù e il colonialismo. Requiescat in pacem. Ci sarà ancora violenza. Ma non violenza di massa sostenuta da legittimità di massa.


EDITORIAL, 28 Apr 2008

#6 | Johan Galtung

Titolo originale: A LITTLE FUTURE HISTORY?

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


 

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