Il corpo del nemico ucciso

Giovanni De Luna, “Il corpo del nemico ucciso. Violenza e morte nella guerra contemporanea”, Einaudi, Torino 2006, p. XXVIII, 302

Esiste un nesso indissolubile tra la Guerra e la Morte. Perché il fine ultimo della guerra consiste nell’uccidere il nemico. Questo libro parla dunque di guerra, di morte e di corpi. Racconta le guerre del Novecento e di oggi attraverso i corpi dei morti: corpi-documenti, studiati nelle fotografie, decifrati nelle schede dei medici legali, analizzati dagli antropologi, descritti dai grandi narratori della contemporaneità. Il corpo “amico” viene rispettato sempre, onorato spesso; può essere usato per gridare vendetta o implorare la pace. Il corpo “nemico” è talvolta rispettato, quasi sempre profanato. Nel primo caso viene sepolto in una tomba individuale, in un cimitero, nel secondo può essere esibito in pubblico o cancellato in una fossa comune. A ogni diverso uso del corpo del nemico ucciso corrisponde una diversa tipologia della guerra. Una storia del Novecento e delle sue guerre, fino a quelle piú attuali, guardando alle vittime ultime della violenza bellica: i caduti sul campo. Un percorso che si snoda attraverso le guerre mondiali e quelle coloniali, le guerre civili e quelle ai civili, per concludersi con le guerre asimmetriche di oggi. La guerra e i grandi fenomeni di violenza di massa del Novecento si possono conoscere partendo dalla loro conclusione, da quei morti che ne rappresentano il piú concreto e drammatico prodotto finale. È come guardare l’erba dalla parte delle radici: cambia la prospettiva metodologica, ma cambiano anche le priorità concettuali. Le guerre, con le violenze e le crudeltà che scatenano, sembrano avere un fondo comune sempre uguale, quasi fuori dal tempo e dallo spazio. Ne scaturisce una loro visione «mitica», una sorta di impossibilità conoscitiva in cui c’è posto solo per la venerazione o la rimozione. Riportare al centro della guerra il corpo del nemico ucciso e le diverse strategie messe in atto nei suoi confronti consente di storicizzare la guerra, di conoscerla nel suo «cuore di tenebra». Esistono regole che gli uomini si sono date in relazione ai corpi dei morti in battaglia. Quelle regole, anche quando sono violate, contribuiscono ad ancorare le guerre al nostro tempo e ci restituiscono il titanico tentativo della nostra civiltà di sottrarsi al fascino archetipico dello «stato di natura».