Gli stati uniti, l?occidente e il resto del mondo – Di Johan Galtung e Dietrich Fischer

Il mondo non sarà più lo stesso dopo il terribile attacco agli Stati Uniti, alla loro economia, alle forze armate, alla politica estera e a esseri umani come noi tutti. Abbracciamo le vittime della violenza, di tutte le violenze, con profondo cordoglio e ci auguriamo che i perpetratori siano condotti di fronte alla giustizia.

Una violenza di questa portata può essere spiegata solamente attraverso un alto livello di deumanizzazione delle vittime nelle menti degli aggressori, spesso dovuto a uno stato molto grave di conflitti di base non risolti. Il termine ?terrorismo? può descrivere le tattiche, ma come il ?terrorismo di stato? può solo rappresentare i responsabili come malvagi, satanici e non va alle radici del conflitto.

La scelta degli obiettivi può essere interpretata come rappresaglia per l?uso che gli Stati Uniti fanno del loro potere economico ai danni dei paesi poveri e delle popolazioni povere, del loro potere militare contro popoli indifesi e del loro potere politico contro i senza potere. Questo ci fa ricordare i molti paesi in tutto il mondo dove gli USA hanno bombardato o comunque esercitato, direttamente o indirettamente, il loro terribile potere; che si aggiungono ai 100.000 morti al giorno tra coloro che si trovano al fondo di un sistema economico identificato da molti con il potere economico, militare e politico statunitense. Considerati i milioni, non le migliaia, di vittime ci si doveva aspettare che prima o poi, da qualche parte, si generasse un desiderio di ritorsione.

La principale linea di separazione in questo conflitto è la divisione in classi di paesi e di popoli. Questa non è civiltà, nonostante il senso di missione e predestinazione degli Stati Uniti e il senso di giustizia islamico siano parte di essa. Allo stato attuale, il confronto sembra essere tra USA/Occidente e mondo Arabo/Musulmano. Ma potrebbe anche essere un errore di interpretazione della realtà: può darsi che quest?ultimo sia più intenzionato e abbia maggiori capacità delle altre vittime della smisurata violenza che gli USA e l?Occidente hanno esercitato dopo la seconda guerra mondiale. Non è neppure da sottovalutare l?ondata di solidarietà da parte del ?resto del mondo?, né quella delle classi sociali più altolocate dell?Occidente; e la costruzione di una solidarietà con le vittime in ogni parte del mondo.

Cercare di collocare il terribile attacco agli USA nel contesto di un ciclo di rappresaglie, non significa affatto attribuire un elemento di giustificazione, di scusa, o di colpa. C?è solo il profondo rimpianto che questa catena di violenza e ritorsione sia un fatto umano. Tuttavia ci può servire per spezzare questo circolo vizioso.

Ci sono state dimostrazioni di simpatia e offerte di aiuto anche da parte di governi da sempre molto distanti dagli USA come Russia, Cina, Iran, Cuba e Libia. C?è un crescente desiderio di porre fine a tali atrocità, in modo non dissimile da come la pirateria nei mari aperti è stata debellata quando tutti i governi hanno cominciato a collaborare per opporvisi e i pirati hanno perso i loro porti sicuri.

Misure di sicurezza più rigide, come le guardie sugli aerei, una sorveglianza più stretta delle comunicazioni e una condivisione delle informazioni tra i servizi segreti, può portare a qualche risultato ma non va alla radice del problema. I bombardamenti in Afghanistan potranno uccidere qualche terrorista, ma causeranno anche la morte di civili innocenti, ed è probabile che ne arruolino molti di più che deiderano diventare martiri.

Dobbiamo eliminare le armi di distruzione di massa per mezzo di rigidi controlli internazionali, o saranno usate prima o poi da terroristi che non si fanno spaventare da minacce di ritorsione.

Continuando a parlare di Crociate da parte degli USA, e di quarta fase della jihad, la guerra santa, da parte di alcuni settori dell?Islam, il mondo potrebbe andare a capofitto nel più vasto e violento scontro di tutti i tempi. La prima jihad contro i Crociati (1095-1291), durata 196 anni, fu vinta dai musulmani. La seconda, contro Israele, è ancora in corso. La terza, contro il comunismo in Afghanistan, sostenuta dagli USA, terminò con il ritiro e il collasso sovietico. Alcuni musulmani vogliono morire per la loro fede pensando di guadagnarsi il paradiso. Molti religiosi musulmani hanno posto l?accento sul fatto che il Corano proibisce il sacrificio di vite innocenti. Equiparare tutti i musulmani ai terroristi sarebbe come equiparare tutti i cristiani al Ku Klux Klan.

Per evitare di scivolare in una grande guerra con enormi, diffuse sofferenze, gli USA e tutti noi non dovremmo agire di fretta. C?è bisogno di una profonda auto-analisi, cercando di identificare i conflitti, i problemi, risolverli e riconciliarsi. Solo il dialogo e l?educazione globale per comprendere il pensiero degli altri e rispettarne le culture, e non un dibattito che si prefigga di sconfiggerli mediante argomenti più forti, possono aprire la strada verso la rimarginazione delle ferite e la risoluzione dei dissidi.

Per fare ciò non si può far affidamento sui governi occidentali, e neppure del sud; essi sono troppo vincolati agli USA, e anche troppo timorosi di incorrere nelle loro ire. Solo la gente può farlo, solo la società civile globale. Ciò di cui c’è bisogno, quanto prima è umanamente possibile, è un movimento per la pace di massa, questa volta Nord-Sud. L’ultima volta ha funzionato, tra l?Est e l?Ovest. Il futuro del mondo è più che mai nelle mani dell’unica fonte di legittimazione: la gente in ogni luogo.

Un proverbio cinese recita: “Se una spina si è conficcata nel corpo di una persona, non è sufficiente staccare la parte visibile. Se non rimuoviamo la punta che sta all’interno del corpo, la ferita infetta persisterà”. Per quanto sia doloroso per molti in questo momento della tragedia, se vogliamo avere successo nella lotta contro il terrorismo, dobbiamo comprenderne le origini e rimuovere le cause dell?odio estremo che muove alcune persone a suicidarsi e commettere omicidi di massa.