Fare scienza oggi

Dall’?uranio impoverito alla ?mucca pazza?, dal cambiamento climatico globale agli OGM, assistiamo al moltiplicarsi di questioni controverse nelle quali si mescolano problemi scientifici, tecnologici, sociali, politici, militari. I dibattiti tra i cosiddetti ?esperti? mettono in evidenza soprattutto il fatto che essi sono sistematicamente in disaccordo, il che fa pensare che in realtà non esistano veri esperti. Questo fatto non deve stupire più di tanto: i problemi scienza-tecnologia-società appartengono a una classe molto più ampia di quelli soltanto scientifici o soltanto tecnologici o soltanto sociali. Gli esperti non esistono perché quando applichiamo le nostre conoscenze scientifiche alla soluzione di problemi socioeconomici passiamo da una scienza di laboratorio a una scienza-mondo, che in realtà non abbiamo ancora elaborato in forma sufficientemente compiuta. Mentre la scienza di laboratorio può raggiungere livelli molto elevati di affidabilità e di rigore, la scienza-mondo è il regno dell?incertezza e dell?ignoranza. Siamo giunti a sviluppare una razionalità locale che ci permette di produrre oggetti di elevato contenuto scientifico e tecnologico e di notevole precisione, ma quando trasferiamo questa molteplicità di oggetti nel sistema-mondo si verifica il paradosso della mancanza di una razionalità globale che ci permetta di governare il sistema senza incorrere in gravi rischi collettivi. Il passaggio dal locale al globale, dalla singola automobile al sistema di trasporto automobilistico, per limitarci all?esempio più classico, comporta un?enorme crescita dell?incertezza e della posta in gioco del sistema, con costi altissimi da pagare in caso di errore, sino al caso estremo di una vera e propria catastrofe irreversibile. Viviamo in una società del rischio (Ulrich Beck, Carocci, Roma 2000), ma chi decide quali rischi si debbano correre, perché correrli e come governarli? La partecipazione degli scienziati al progetto Manhattan per la costruzione della bomba atomica ha prodotto una prima clamorosa svolta nella ricerca scientifica: la nascita della big science, dei grandi laboratori di ricerca militare, sottratti al controllo democratico, e la militarizzazione di ampi settori della ricerca scientifica. La seconda svolta si è verificata negli ultimi due decenni con la comparsa dello ?scienziato imprenditore? (Piero Greco) che brevetta le proprie scoperte prima di pubblicarle e introduce l?ideologia del profitto e della privatizzazione nella ricerca scientifica, cancellando definitivamente l?ideale della ricerca disinteressata, che secondo il sociologo Robert Merton stava alla base dell?etica dello scienziato.
Non tanto di libertà della scienza abbiamo bisogno, quanto di libertà degli scienziati dai condizionamenti del complesso militare-industriale-scientifico, che consenta loro, insieme agli altri attori sociali, di individuare le priorità della ricerca scientifica di cui l?umanità ha effettivamente bisogno e sulle quali concentrare le risorse intellettuali ed economiche. A quando un manifesto degli scienziati che metta in guardia dai pericoli dell?incipiente cambiamento climatico, della fine del petrolio a basso prezzo, dell?incessante distruzione dell?ambiente naturale, della folle crescita economica, demografica e della corsa agli armamenti? Un appello come questo ridarebbe credibilità e autorevolezza agli scienziati facendoli uscire dalla condizione di subalternità rispetto ai poteri economici, militari e politici.